Figure retoriche

Le figure del discorso

Oltre ad occuparsi della costruzione del discorso, la retorica si interessa anche allo studio degli ornamenti, e in particolar modo all’uso delle figure.[113] In origine le figure erano usate esclusivamente in poesia; il primo a farne uso in prosa, a quanto sappiamo, fu Gorgia: la retorica gorgiana si caratterizzava infatti per una forte enfasi e una grande ricercatezza stilistica, e il suo periodare era reso melodico dall’uso frequente di espedienti ricavati dalla poesia.

Il termine «figura» (σχῆμα, schēma) è usato per la prima volta da Anassimene di Lampsaco (IV secolo a.C.), ma il primo a studiare le figure in modo sistematico è Aristotele, il cui allievo Demetrio Falereo in seguito proporrà la distinzione tra figure del discorso e figure del pensiero.[114] Nel corso dei secoli, e soprattutto in epoca barocca, i teorici si sono impegnati in un’imponente opera di classificazione delle varie figure, senza però giungere ad una tassonomia condivisa. In particolare, a destare interesse sono le figure di significazione, altrimenti dette tropi, la cui collocazione è oggetto di dibattito: talvolta i tropi vengono semplicemente inseriti insieme alle altre tipologie di figure, mentre altre volte vengono distinti e ad esse opposti.[115] Di seguito si riporta, a titolo esemplificativo, la classificazione proposta da Fontanier (1830), citata a pagina 144 del Manuale di retorica di Bice Mortara Garavelli, nella quale le figure del discorso sono divise in tropi e non tropi.

FIGURE DEL DISCORSO
TropiFigure di significazione (tropi veri e propri)
Figure di espressione (tropi impropriamente detti)
Non tropiFigure di dizione (metaplasmi)
Figure di costruzione
Figure di elocuzione
Figure di stile
Figure di pensiero

Τρόπος (trópos) in greco propriamente significa «direzione», ma il suo significato originario è stato successivamente abbandonato per quello di «deviazione», «conversione». Per tropo infatti si intende una variazione (mutatio) del significato di un’espressione rispetto al suo significato originario;[116] i tropi propri (figure di significazione) riguardano singole parole, mentre quelli impropri (figure di espressione) riguardano più parole o parti di frasi. Sul loro numero e la loro classificazione non vi è accordo; quelli fondamentali, a cui possono essere ricondotti tutti gli altri, sono 3: metafora, metonimia, sineddoche.[117] La metafora (da metapherein, trasportare) è il più classico dei tropi, e consiste nella sostituzione di una parola con un’altra il cui senso ha qualche affinità con la parola che sostituisce.[118] Si ha invece una metonimia quando si definisce un oggetto con un termine diverso, il cui significato è però contiguo a quello dell’oggetto in inclusione, più precisamente ci si riferisce ad una contiguità dei sensi di tipo qualitativo (per esempio: «cuore» per indicare i sentimenti, «Foscolo» per indicare le sue opere).[119] La sineddoche infine (talvolta confusa con la metonimia) consiste nel definire un oggetto con un termine legato ad esso tramite rapporti di causalità o inclusione differendo dalla precedente per un nesso di tipo quantitativo (per esempio: «legno» per indicare un’imbarcazione, «felino» per indicare un gatto).[120] Oltre a queste tre, Lausberg classifica come tropi anche: antonomasiaenfasilitoteiperboleperifrasiironiametalessi.

Le altre figure retoriche, che Fontanier classifica come «non tropi» e suddivide in cinque classi, vengono più semplicemente divise dalla retorica antica in due gruppi: figure di parole (in cui rientrano le figure di dizione, costruzione, elocuzione e stile) e figure del pensiero. Le figure di parole riguardano l’espressione linguistica, e si costruiscono per addizione (ripetizioneclimaxparonomasia etc.) o soppressione di parole (ellissiasindeto e zeugma), oppure ancora per mutamento dell’ordine delle parole (anastrofeiperbato etc.). Le figure di pensiero invece interessano le idee o le immagini che appaiono dalla frase, e si ottengono per addizione o sottrazione (ossimorochiasmo etc.), oppure per variazione (hysteron proteronapostrofe etc.).[121]

Figure di suono, di ordine e di significato

Le figure retoriche sono tecniche espressive, cioè accorgimenti stilistici e linguistici, utilizzati per rendere più vivo ed efficace il discorso. Sono proprie soprattutto del linguaggio poetico e letterario ma possono essere adoperate anche nella comunicazione quotidiana. Le figure retoriche, o artifici retorici, sono così chiamate poiché fanno riferimento alla retorica, disciplina nata nel V sec a. C a Siracusa e sviluppatasi diffusamente ad Atene. La retorica è l’arte del parlare e dello scrivere al fine di persuadere. Le figure retoriche vengono solitamente distinte in queste principali categorie:

  • Figure fonetiche o di suono, quando riguardano la modifica, la ripetizione o il parallelismo dei suoni delle parole;
  • Figure dell’ordine, quando riguardano la disposizione dei sintagmi all’interno della frase;
  • Figure del significato, quando implicano delle relazioni tra il significato dei termini adoperati.

Figure di suono o metaplasmi

Sono metaplasmi tutti i mutamenti formali parziali delle parole quali:

  • Metatesi: rovesciamento dell’ordine di due fonemi, o suoni, all’interno di una parola.
  • Protesi: aggiunta di una vocale o sillaba davanti a una parola.
  • Aferesi: caduta della sillaba iniziale di una parola.
  • Epentesi: aggiunta di un suono all’interno di una parola.
  • Sincope: eliminazione di uno o più fonemi, o suoni, all’interno di una parola.
  • Epitesi: aggiunta di un fonema alla fine di una parola.
  • Apocope: caduta della vocale o sillaba finale.
    Es: San invece di Santo
  • Allitterazione: Ripetizione in parole diverse all’interno di un verso o di versi successivi, di vocali, consonanti e sillabe che hanno lo stesso suono.
    Es: “… rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo …
  • Assonanza: Somiglianza di suono fra le ultime sillabe di due parole, a partire dalla vocale accentata, quando sono uguali le vocali ma diverse le consonanti.
    Es: viso – mattino ; amore – morte
  • Consonanza: somiglianza di suono quando sono uguali le consonanti ma diverse le vocali.
    Es: fine – fune, tranello – caramella
  • Onomatopea: riproduzione attraverso le parole, o sequenze di parole, di suoni e rumori
    Es: “… nei campi c’è un breve gre gre di ranelle …”; “splash” per indicare un tuffo in acqua; “boom” per indicare l’esplosione di una bomba ecc.

Figure di significato o metasememi

  • Analogia: figura molto usata nella poesia moderna che consiste nell’accostamento immediato di parole o immagini a prescindere dai rapporti logici
    Es: “ sono stato uno stagno di buio
  • Ipallage: consiste nel riferire una qualificazione ad un elemento della frase diverso da quello cui si riferirebbe dal punto di vista logico del significato.
  • Iperbole: figura che consiste nell’esagerazione (per eccesso o per difetto) enfatica o inverosimile di un concetto.
    Es: “ho una fame da lupi, mangerei un bue intero
  • Litote: consiste nell’affermare un concetto negando l’opposto, spesso al fine di rendere meno sgradevole ciò che si dice
    Es: “ non sei stato simpatico” invece di “sei stato antipatico
    Dai Promessi sposi “Don Abbondio non era nato con un cuor di leone” per dire che era un codardo.
  • Metafora: è la più diffusa figura retorica, fondata sul meccanismo del “trasferimento del significato”. Si ha quando ad un termine sostituiamo un altro che ha con il primo un rapporto di somiglianza. Viene considerata una similitudine abbreviata.
    Es: “Don Abbondio era un coniglio”. Il legame tra i due elementi è la mancanza di coraggio. “Andrea è una scheggia”. Andrea e la scheggia sono due elementi caratterizzati dalla velocità.
  • Metonimia: indica la sostituzione di un nome con un altro che abbia con il primo rapporti di connessione come il contenente per il contenuto, causa per effetto, effetto per la causa, l’astratto per il concreto, l’autore per l’opera, il luogo invece delle persone che vi si trovano.
  • Ossimoro: consiste nell’avvicinare due parole di significato opposto.
    Es: “…tacito tumulto…”; “…silenzio assordante…”; “…ghiaccio bollente…
  • Personificazione: l’attribuzione a oggetti inanimati comportamenti e sentimenti propri dell’uomo.
    Es: “… la terra livida, ansante, in sussulto…
  • Similitudine: il paragone che viene istituito tra due immagini. E’ di solito introdotto dai nessi “come…così” “come…tal
    Es: “bello come un dio”; “lento come una lumaca“.
  • Sineddoche: consiste nel nominare una parte per il tutto, o viceversa, la specie per il genere, il singolare per il plurale. E’ analoga alla metonìmia.
    Es: “…le vele facevano rotta a sud…”, dove per vele si intende la nave.
  • Sinestesia: consiste nell’avvicinare due parole appartenenti a due sfere sensoriali diverse.
    Es: “…tenebra azzurra, ombra silenziosa, ombra accesa…”; “il sapore del successo“.

Figure di posizione o metatassi

  • Anafora: ripetizione di una parola o gruppi di parole all’inizio di due o più frasi o versi. Serve a dare maggiore incisività ad una parola che per il poeta contiene un significato importante.
    Es: “S’i’ fosse…” nella poesia “S’i’ fosse foco” di Cecco Angiolieri nella quale queste due parole vengono ripetute all’inizio di quasi tutti i versi della poesia.
  • Anastrofe: inversione dell’ordine normale di due o più termini nella costruzione della frase. Serve a dare un certo ritmo alla poesia.
    Es: “…sempre caro mi fu quest’ermo colle; “spesso il male di vivere ho incontrato…”.
  • Antitesi: consiste nell’accostamento di parole, frasi o concetti di senso opposto.
  • Chiasmo: disposizione incrociata degli elementi costitutivi di due proposizioni collegate, in modo che i termini della seconda siano disposti in ordine inverso rispetto aa quelli della prima.
    Es: “Le donne, i cavalierl’armi, gli amori” dal proemio dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.
  • Enjambement: consiste nello spezzare tra la fine di un verso e l’inizio di quello successivo una frase o un gruppo di parole. Serve a far soffermare il lettore sulla parola che è stata isolata.
    Es: “... nel cuore è quasi un urlo di gioia…
  • Iperbato: consiste nel rompere la normale successione delle parole in una frase, dando a questa una struttura irregolare
    Es: “…l’acque cantò fatali…”.


Categorie:C20.01- Analisi letteraria- Literary Analysis

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