Antonio De Lisa- Per un approccio semiotico al teatro: il training

Queste note sono state scritte per favorire un rapporto proficuo fra regista e interprete teatrale. Nello stesso tempo elabora alcune idee e pratiche ritenute alla base del lavoro dell’attore.

L’alterità teatrale

Il teatro rappresenta una dimensione altra rispetto alla vita quotidiana. Spesso lo si ripete ma senza una vera convinzione: si pensi all’attrazione che suscita il treatro mimetico e realistico, che vuole rappresentare scene di vita.Nella concezione di chi scrive, il teatro è pura alterità. Si tratta di mettersi d’accordo su questa affermazione.

In teatro si è sempre detto che per fare teatro bastano un attore e almeno uno spettatore. Le cose stanno così, anche dopo secoli di esperienze. Ma di cosa ha bisogno l’attore? Del suo corpo, della sua voce. E allora in cosa consisterebbe l’alterità del teatro? Già il semplice porre questa domanda indica una dimenticanza di fondo: che il teatro è nato come un rito. Un solo sacerdote officiava il rito in omaggio del tragos nella Grecia antica. L’alterità in quel caso rappresentava lo spazio del sacro. In molte manifestazioni teatrali nel mondo le cose stanno ancora così, ma noi non possiamo più sostenere questa alterità sacra. Abbiamo bisogno di altro. Qualcuno l’ha chiatamo “teatro epico”, qualcun altro “teatro dell’assurdo”, “teatro antropologico”. Sono tutte manifestazioni di una ricerca che deve andare avanti. Importante è mettersi d’accordo che si tratti di spazio-tempo dell’alterità.

Il training teatrale dell’attore

Il training teatrale è l’allenamento dell’attore, il modo di impostare la sua preparazione psico-fisica per entrare in quella che è stata definita dimensione spazio-temporale dell’alterità. L’allenamento serve a migliorare e rafforzare la presenza scenica, il modo di gestire la propria reattività, l’attenzione, la sicurezza, l’agilità, l’uso dell’equilibrio, della voce, del ritmo e dell’immaginazione.
Qui di seguito diamo delle indicazioni di metodo di lavoro  per prepararsi alla recitazione; il suo riscaldamento, la sua preparazione fisica, vocale e psichica, la sua attenzione. Queste indicazioni si basano sulle pratiche adottate dal Lost Orpheus Teatro per le sue rappresentazioni.

Respirazione

Per la respirazioni facciomo ricorso ai prezioni insegnamenti dello yoga e delle arti marziali cinesi. La respirazione si compone di due fasi: inspirazione, quando l’aria viene introdotta nei polmoni, ed espirazione, quando l’aria viene espulsa dai polmoni.

In sanscrito Prana significa “forza” o “energia vitale”. Yama significa invece “controllo” e “direzionamento” mentre Ayama significa “espansione e liberazione”.Nella pratica dello yoga, per Pranayama si intendono tutte quelle tecniche di respirazione menzionate nell’Hatha Yoga Pradipika. Pranayama include una serie di tecniche per modificare la respirazione, per allungare il respiro, per trattenerlo, per imparare a calmare la mente.

L’Hatha Yoga Pradipika, libro di riferimento nella pratica dello Yoga, parla così della respirazione: “Quando il respiro va e viene, la mente è inquieta, ma quando si calma il respiro, si calma la mente” ed è questo lo scopo del Pranayama, calmare il respiro per calmare la mente.

Per compiere la respirazione nel modo più corretto possibile, si dovrebbe sempre eseguire le due fasi facendo passare l’aria dal naso, per non farla arrivare direttamente in gola fredda e secca, ma purificata e umidificata.

Esistono diversi modi di respirare e più o meno consapevolmente vi facciamo ricorso durante il giorno.

Respirazione alta: le spalle si alzano, insieme alla parte superiore del petto. E’ la respirazione che usi quando hai appena finito una corsa, hai preso un grosso spavento o hai avuto un incubo. Potremmo chiamarla “respiro affannoso”, solo il nome mette ansia!

Respirazione media: è un respiro piuttosto calmo e rilassato e per capire a cosa mi riferisco, metti le mani sulle costole e mentre prendi aria, sentirai che la cassa toracica si espande incamerando una buona dose di ossigeno.

Respirazione bassa (o diaframmatica): prende il nome dal diaframma, il muscolo volontario che separa la cavità toracica da quella addominale. In questo caso, la parte bassa dell’addome si gonfia durante l’inspirazione e si sgonfia durante l’espirazione. Il diaframma si abbassa e concede spazio ai polmoni, che riescono così a contenere più aria.

Voce

La voce pur essendo invisibile non è qualcosa di immateriale: come una mano può prendere, colpire, graffiare, accarezzare, costruire cattedrali o strisciare sul pavimento.

Il laboratorio si propone di far scoprire a ciascun partecipante la propria voce libera e organica, sciogliendolo da blocchi e inibizioni, e dandogli un buon punto di partenza per la propria ricerca personale. I partecipanti avranno la possibilità di comprendere e sperimentare come uno specifico uso dello strumento vocale possa servire da contatto con il proprio mondo interiore, con i propri stati emozionali e con diversi stati di coscienza.

Il laboratorio si concentrerà sulla respirazione organica, sull’uso dei risuonatori e degli armonici, sulla glossolalia (una lingua interiore inventata, che smuove emozioni e istinti nascosti, appoggiandosi alle vibrazioni del corpo), sul canto visto come momento di scoperta della voce, di gioco e rituale collettivo, infine sulla composizione e costruzione di un’azione vocale. La voce sarà trattata anche come trampolino del risveglio emotivo e come mezzo di indagine interiore. Il risultato di questo lavoro è una voce viva, reattiva, attenta, potente, non teatralmente impostata ma ricca di possibilità, sfumature e timbri.

Il Linguaggio drammaturgico

Il primo teorico del linguaggio drammatico è stato Aristotele. Gli elementi ideati da Aristotele sono: l’intreccio; i personaggi; il tema; il linguaggio; la musica.

L’espressione corporea

Elementi di base – Richiami di storiche pratiche teatrali e loro confronto, Biomeccanica, movimento scenico, gesto espressivo, alcuni elementi della pratica del mimo corporeo, maschere e commedia dell’arte, clown, zoomorfismo.

Presenza scenica–  Lavorare sulla presenza significa indagare alcuni principi che vanno aldilà dei generi teatrali nonché studiare il perché alcuni attori catturano totalmente la nostra attenzione mentre altri finiscono per annoiarci mortalmente nonostante la loro (apparente) bravura tecnica. Lo studio della presenza tocca temi fondamentali per l’attore come l’organicità, i tempi, l’equilibrio-disequilibrio, la pre-espressività, il quotidiano e l’extra-quotidiano, il corpo senza impostazioni, la reattività, l’attenzione, la sicurezza, l’agilità, l’atteggiamento, il ritmo teatrale, l’azione-reazione, le intenzioni, la danza.

Gestualità – L’avvicinamento alla recitazione avviene mediante lo studio e la pratica delle tecniche fondamentali: espressione corporea – rilassamento – concentrazione

Una fase del Laboratorio teatrale “Drammaturgia dell’attore” diretto dal Maestro Michele Monetta

Improvvisazione


Imparare a improvvisare è imparare ad essere padroni della scena. Ci concentriamo su esercizi e giochi teatrali adatti a rompere gli automatismi e i rigidi schemi mentali, ad ampliare le proprie capacità creative e a dare precisione e sicurezza alle proprie azioni. Si lavora sulla possibilità di creare un proprio training dell’improvvisazione, indagando sui ritmi della danza e dell’espressione fisica e vocale.

L’improvvisazione teatrale veniva già praticata nell’Antica Grecia da Aristofane ma fu con Plauto che divenne una vera disciplina da studiare e a cui allenarsi.
Nel corso dei secoli, questa tecnica è stata sviluppata sia come propedeutica alla recitazione in senso lato, sia come genere teatrale autonomo. L’improvvisazione diventò parte anche della Commedia dell’Arte all’Italiana: gli attori riuscivano a prendere spunto da elementi improvvisati per applicare dei canovacci, ovvero degli schemi predefiniti, facendo comunque credere al pubblico di essere di fronte ad un’improvvisazione.

Il lavoro sull’ improvvisazione potrebbe essere così strutturato:

  • esercizi di riscaldamento e di attenzione collettivi;
  • esercizi di tecnica improvvisativa individuale;
  • improvvisazione a due e a piccoli gruppi;
  • studio delle strutture dell’improvvisazione;
  • approfondimento delle diverse categorie teatrali e degli stili;
  • studio dei vari format di improvvisazione teatrale.

Avvicinamento al testo

Il regista dovrebbe avere molta cura, nella fase iniziale, a fornire la sua interpretazione del testo scelto. Nel caso in cui il regista coincida con il drammaturgo dovrebbe fare uno sforzo di oggettività. Chiarire con parole semplici ed efficaci quale è l’idea registica che intende realizzare.

Lettura a tavolino del copione teatrale

Il percorso si evolve attraverso l’utilizzo delle metodologie prima elencate applicate al copione teatrale. Si ricerca l’affinamento delle tecniche espressive ed interpretative, e l’acquisizione di più vaste sfumature emotive e caratteriali del personaggio.

Tecniche di lettura e interpretazione del testo

Per un risultato efficace, l’attore dovrà leggere più volte il testo in prova in maniera autonoma, magari prima solo a mente, per capirne il contesto, il significato, e  soprattutto le intenzioni dell’autore, poi dovrà esercitarsi a leggerlo lentamente per riuscire a memorizzare il più possibile i passaggi chiave del testo e poi iniziare a leggerlo in maniera sempre più sciolta, esercitando il più possibile l’articolazione. 

Ritmo della recitazione

La padronanza delle leggi della metrica, la possibilità di individuare e di fissare le cesure e le scansioni interne del tempo di un’azione, rappresentano le condizioni necessarie per la riscoperta del ritmo.

Il ritmo per Artuad è il tempo che illumina il colore dell’anima, che accompagna e regola il battito armonico del sentimento. Riscoprire l’efficacia del ritmo è il compito che spetta all’attore.

Scrive Grotowski: il teatro “normale” ha smarrito l’elemento del ritmo. Prototipi biologici del ritmo sono il battito del cuore e il respiro. L’unità di materia del ritmo:
1) nella linea estetica- il cambiamento di convenzione per es. grottesco – serio/ ponderata ragionevolezza – buffo)
2) nella linea psichica- cambiamento dell’aura, dell’atmosfera dello spettacolo per es. ( raccoglimento, concentrazione sul confronto, da un lato, – espressività, attivazione, “scatenamento” dello spettacolo, dall’altro)
3) nella linea della concretezza/ per es. (immobilità – intensificazione del movimento silenzio – intensificazione del suono schizzo – intensificazione dell’interpretazione).

Il ruolo del personaggio nell’alterità teatrale

Messa in scena dell’opera

La parte finale è costituita dalla messa in scena dell’opera. Vedere l’opera dal punto di vista del regista. Differenze da sguardo interno e sguardo esterno. Riuscire a porsi contemporaneamente fuori e dentro lo spazio scenico.

A cura di Antonio De Lisa




Categorie:B00.01- Teatro organico, D00.01- Training teatrale, D00.02- Esercizi di teatro, X00- [ATELIER TEATRALE]

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