Le maschere regionali italiane

maschere_regionali_di_carnevaleLe maschere regionali italiane

L’Italia ha una grande ricchezza di maschere regionali di Carnevale, di origine diversa: sono nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell’arte, da tradizioni arcaiche, oppure sono state ideate appositamente come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di varie città.

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È generalmente accettato che le maschere, il rumore, il colore e il clamore avessero avuto in origine lo scopo di scacciare le forze delle tenebre e l’inverno, e di aprire la strada per l’arrivo della primavera[1].


Regioni e maschere di Carnevale


Abruzzo

La maschera ufficiale della regione è Frappiglia, che riuscì ad ingannare persino il diavolo, ma che ancora porta i segni del suo viaggio all’inferno[2]. Si deve ricordare anche Patanello, di Francavilla al mare[3], e il Pulcinella abruzzese[4].


Basilicata

La Basilicata ha maschere legate alla tradizione arcaiche e contadine, a volte legate al personaggio dell’uomo selvatico. Le zoomorfe maschere del Toro e della Mucca compaiono durante il Carnevale di Tricarico[5]. Tipici del Carnevale di Satriano sono i particolarissimi Rumit, sorta di alberi semoventi che provengono dai boschi ed invadono il paese, l’Urs e la Quaresima[6]. I Campanacci caratterizzano invece il carnevale di San Mauro Forte[7] e il carnevale di Montescaglioso. In quest’ultimo centro tra le tante maschere si ricordano anche la quaremma, il cucibocca, u’ zembr, u’ fus’ (o “la parca”) e ’u zit’ e ’a zita[8].

Urs

Quares’m

Mucca e Toro


Calabria

La maschera calabrese è Giangurgolo[9], che da una parte mette in ridicolo le persone che imitavano i cavalieri siciliani “spagnoleggianti”, ma che ha anche tratti diversi, legati ad una leggenda catanzarese. In essa lotta coraggiosamente contro l’occupazione spagnola e viaggia con un carrozzone da teatro col quale, insieme ad alcuni suoi amici, propone spettacoli satirici incitando il popolo alla rivolta. È una maschera della Commedia dell’arte.

Non si dimentichino però le altre maschere che sono sparse in tutto il territorio isolano quali:

  • su Maimulu di Ulassai
  • O’Sincu S’Attitidu di Bosa
  • Sos Urtos e i Buttutos di Fonni
  • Sas Mascheras a lenzolu di Aidomaggiore
  • Sos Cotzulados di Cuglieri
  • Sas Mascaras Nettas e Sas Mascaras Bruttas di Lodè
  • Is Mustayonis e s’Orcu Foresu di Sestu
  • Is Cerbus di Sinnai ( che inscenano il rituale arcaico e ancestrale della caccia al cervo)
  • Is Facciolas di Villaputzu (rappresenta l’uomo coniglio e trae origine dal culto dionisiaco)
  • Su Colonganus di Austis
  • S’Urtzu e is Sonaggiaos di Ortueri
  • S’Urtzu e sos Bardianos di Ulà Tirso
  • Sos Tumbarinos di Gavoi[42]
  • Su Battileddu di Lula
  • Is Mamutzones di Samugheo (riscoperti negli anni Ottanta)
  • Is Scruzzonis di Siurgus Donigala (inaugurata nel 2012, durante il carnevale invernale del paese, ma di vecchia origine)
  • S’Ainu Orriadore di Scano Montiferro (riscoperta negli anni Ottanta)
  • Sos Coriolos di Neoneli
  • Su Segaripezza di Laconi
  • Su Traigolzu di Sindia
  • Sos Bundos di Orani
  • Sos Thurpos di Orotelli
  • Su Maimone di Oniferi
  • Sos Corrajos di Paulilatino
  • Sos Intintos di Ovodda e di Tiana
  • Sa maschera e porcu di Olzai
  • Sa maschera e gattu di Sarule

La scura maschera del carnevale guspinese è Cambas de Linna, mentre quella della Sartiglia di Oristano è su Cumponidori, dall’inquietante aspetto androgino. Il carnevale di Tempio Pausania vede la presenza de lu Traicogghju, arcaica sintesi tra figura animalesca e maschera demoniaca, la Réula (schiera dei morti), e lu Linzolu cupaltatu, figura femminile avvolta in un lenzuolo e per questo irriconoscibile e disinibita. Non di meno importanza sono le maschere del carnevale di Ollolai chiamate Sos Bumbones, sono Sos Truccos o Sos Turcos, Maria Vressada, Maria Ishoppa e Sa Mamm’e e su Sole. Queste maschere sono figure femminili rappresentate da uomini avvolti in un pizzo bianco, mentre sulle spalle portano una mantella e uno scialle rosso, viola e blu. Nella maggior parte delle maschere sarde viene utilizzato come abito la cosiddetta mastruca o pelle di pecora(nera e/o bianca a seconda della tipologia della maschera), accompagnato anche da campanacci di differente grandezza. Le stesse maschere il più delle volte rappresentano animali i quali vengono domati e catturati o uccisi dall’uomo, la cui maschera in alcuni casi è deforme.

L’Umbria e le sue maschere

Il perugino Bartoccio è la maschera più nota dell’Umbria[44], rozzo, ma sagace, gioviale e saggio, fustigatore dei liberi costumi, ma anche dei cattivi amministratori; è protagonista delle tipiche bartocciate del carnevale perugino, che mettono alla berlina tutti e tutto[45].

Al carnevale di Avigliano Umbro del 2015 fanno la loro comparsa quattro maschere umbre della Commedia dell’Arte, associate ai quattro rioni del paese: Nasotorto, Nasoacciaccato, Chicchirichella e Rosalinda.[46] Vengono fatte risalire a una filastrocca del cinquecento e parlano nel dialetto di quella parte dell’Umbria che va dall’Alta Valle del Tevere fino alla Conca Ternana. A Montecastrilli sono nate anche le “Chicchirichelle” dolci all’arancia con la forma del cappello di Chicchirichella.



Categorie:D30.01- Maschere di Carnevale - Carnival Masks

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