Antonio De Lisa- San Rocco. Il santo, il culto, la peste in Basilicata

“La storia si fa con i piedi” ripeteva spesso un nostro professore all’Università. Bisogna saper viaggiare e saper vedere, anche quello che gli altri non vedono. Viaggiando, a me, per esempio, ha sempre colpito una circostanza: che un determinato culto religioso spesso è legato a una precisa condizione materiale. E’ il caso del culto di San Rocco nel Mezzogiorno d’Italia e più in particolare in Basilicata. Questo culto sembra seguire (quasi inseguire) una delle piaghe storiche di questa regione: la malattia, la sofferenza, i terremoti. Non c’è sempre una precisa corrispondenza, ma spesso il culto di San Rocco si manifesta in luoghi colpiti duramente dalla peste e dai terremoti. San Rocco sempra essere il santo della peste in Basilicata. Quello che forniamo qui è solo un rapido schizzo storico, ma riteniamo abbastanza significativo per leggere in una chiave nuova la storia di una parte d’Italia: il suo mezzogiorno.

Vita e miracoli del pellegrino di Montpellier

Durante le memorabili epidemie di peste che dal 1348 invasero anche la penisola italiana, venivano in particolar modo invocati due santi: Sebastiano e Rocco. Nella tradizione cristiana le ferite causate a Sebastiano dalle frecce erano paragonate ai segni (bubboni) della peste; il popolo quindi si rivolgeva al Santo nella speranza di salvarsi dall’epidemia così come egli si era salvato dai dardi. Esisteva inoltre un ulteriore legame tra queste armi e la peste: la collera divina era paragonata alle frecce scagliate da un arco e, già nel Medioevo, il diffondersi del morbo era visto come lo scatenarsi dell’ira di Dio.

Nella zona da noi studiata il primo non sembra aver lasciato segni apprezzabili, al contrario del secondo.

San Rocco è venerato dalla Chiesa cattolica come protettore dei pellegrini, degli appestati e dei contagiati in generale, in alcuni luoghi è invocato a protezione degli animali e contro gli eventi catastrofici naturali, inoltre, per aver patito le stesse sofferenze, è patrono degli invalidi, dei prigionieri e degli emarginati.

Gli studi sulla storicità della vita di San Rocco sono molto complessi e spesso controversi, si è comunque concordi nell’indicare Montpellier in Francia come sua città natale e Voghera in Italia come luogo della sua morte.

Le principali tappe della vita del Santo, considerate attendibili dagli studiosi, sono: la nascita francese, la partenza per Roma – dove sulla via, ad Acquapendente, effettua la prima guarigione di appestati – l’arrivo a Roma con la guarigione del cardinale che lo presenterà al papa, la ripresa del viaggio per ritornare a Montpellier passando per Rimini, Novara e Piacenza, il contagio della peste a Piacenza e il ritiro nel bosco dove guarirà, la ripresa della via verso la Francia e la morte a Voghera, dopo 5 anni di prigionia. Rocco venne nominato santo già nel 1414, durante il Concilio di Costanza, ma solo nel 1584 ne venne sancita la canonizzazione e fissata al 16 agosto di ogni anno la festa liturgica.

Nell’iconografia tradizionale il Santo è vestito da pellegrino con alcuni attributi simbolici che ne rappresentano la vita e le opere: un bastone, una zucca per contenere l’acqua, conchiglie – forse a ricordare il suo presunto pellegrinaggio a Compostela – la bisaccia. In alcuni casi è raffigurato anche con una piccola fiaschetta attaccata alla cintola – forse contenente un medicamento- piccoli bisturi, la corona del Rosario, una croce rossa sugli abiti, sul lato del cuore, ad indicare l’angioma a forma di croce che si dice avesse avuto sul petto fin dalla nascita. Spesso è accompagnato da un angelo, soprattutto nelle raffigurazioni più antiche: è il messaggero di Dio che interviene più volte nel corso della vita del Santo.  Anche il cane con in bocca un tozzo di pane – o che lecca la piaga del santo – è un altra figura simbolica che caratterizza il Pellegrino di Montpellier:  narra infatti la  leggenda che un cane ne abbia avuto cura, nutrendolo e leccandone le ferite, durante la sua malattia. Tuttavia, l’elemento distintivo di San Rocco sono i segni della peste: una piaga, solitamente sulla coscia, o le mani e gli arti deformati dai postumi del contagio.

Il culto a San Rocco è ancora evidente e vivissimo in tutta Europa, forse perché questo Santo, più di altri, rappresenta la guarigione e l’azione di volontariato e di carità verso i malati ed i bisognosi in generale. Per questo motivo sono numerosissime le Confraternite e le Parrocchie italiane a lui intitolate: 284, secondo alcuni. Non sono pochi neppure i Comuni che lo hanno eletto a Patrono ed è quasi impossibile elencare le cappelle e le edicole dedicategli, spesso alle porte dei paesi, quasi a da difesa da malattie contagiose e calamità naturali.

Dal punto di vista della religiosità popolare, il culto  di San Rocco mantiene ancora oggi, in Italia come all’estero dove è stato esportato dagli emigrati italiani, una forte componente emotiva e di partecipazione e contrariamente ad altri culti  non sembra affievolirsi, anzi, in alcune realtà si rileva addirittura una rinnovata partecipazione.

Primavere di dolore e di peste in Basilicata

La peste si trasmette attraverso il morso dei ratti, le punture delle loro pulci, il contatto di una cute, lesa o abrasa, con materiale inquinato o attraverso colpi di tosse o starnuti, in quanto può essere bubbonica (quando il batterio infetta i tessuti linfoidi dell’uomo, facendo in modo di annullare la capacità di difesa dei linfociti) o polmonare (quando può portare alla morte per edema polmonare acuto). In questo secondo caso è molto più grave, poiché ha un’incubazione di 1-3 giorni e nel Medioevo portava alla morte nel 100% dei casi, mentre l’altra forma aveva una percentuale di morti intorno al 60-90%. Il ratto nero responsabile dell’infezione del Trecento viveva nei granai e nelle stive delle navi mercantili. La pulce ha bisogno di 15-20 gradi di temperatura per riprodursi e un’umidità del 90-95% (la sporcizia di abiti e corpo, il sudore e il tepore umano costituiscono un habitat favorevole per la pulce). Può resistere anche 50 giorni senza nutrirsi: d’inverno infatti va come in letargo, sicché le epidemie scoppiano generalmente in primavera. Tuttavia le pulci sono presenti solo saltuariamente sui topi (si nutrono del loro sangue iniettando una saliva anticoagulante), in quanto le uova vengono deposte nei nidi e negli anfratti dove vivono i roditori.

La grande peste del 1347-50

In Europa la peste più catastrofica scoppiò nel 1347-50 (ne parla il Boccaccio nel Decamerone), dopo che per almeno cinque secoli non s’era più vista. Ma le ondate pandemiche continuarono a reiterarsi con ritmi incalzanti per tutto il Trecento: 1360-63, 1371-74, 1381-84, 1388-90, 1398-1400. Praticamente ogni decennio. Un terzo della popolazione europea (cioè circa 30 milioni di persone) scomparve, a testimonianza che i commerci, i mercati, in quel periodo, erano molto estesi. E’ rarissimo vedere la peste in presenza dell’autoconsumo, semplicemente perché un sistema di vita del genere risulta più equilibrato, più conforme a natura. Se si esclude il continente americano, a quel tempo i commerci riguardavano il mondo intero. Infatti la peste si ripresenterà, a intervalli abbastanza regolari, nel 1410-13, 1416-20, 1422-25, 1428-31, 1435-39, 1448-51. Ritornerà anche dopo il 1530 (tra il 1629 e il 1631 si ebbe in Italia l’ultima recrudescenza della pandemia del 1300, con un milione di morti nell’area settentrionale: famose le pagine manzoniane nei Promessi sposi) e si ripresenterà ancora a Marsiglia nel 1720; l’ultima città europea a essere colpita sarà Costantinopoli, nel 1839, continuando però a persistere nei territori centroasiatici dai quali, attraverso lo Yunnan, prenderà il via la pandemia di Hong Kong di fine Ottocento. Tuttavia cesserà di essere una malattia incurabile solo dopo la scoperta degli antibiotici nel 1943.

La grande peste del 1656 nel Regno di Napoli

A Napoli nel popoloso rione del Lavinaio si verificarono le prime morti all’inizio di maggio 1656; queste furono giudicate strane perché fuori del comune sia per età, sia per numero, sia per modalità. Il rione Lavinaio a Napoli era la parte più bassa della città e sorgeva nei pressi del porto. La peste arrivò a Napoli dalle navi provenienti dalla Sardegna. Prima che si pensasse a mettere in piedi un minimo di organizzazione assistenziale, si precipitò nel caos più assoluto. La situazione divenne incontenibile, ma pur tuttavia la epidemia fu fronteggiata anche se a prezzo di 250.000 morti in una città che ne contava circa 450.000.

Micco Spadaro- Rendimento di grazie dopo la peste

Nella periferia contadina del regno fu una vera strage con una mortalità che raggiunse il 50%-60% della popolazione. Per avere un quadro della devastazione che la peste feroce del 1656 provocò nel regno di Napoli basta confrontare il numero degli abitanti relativi all’anno 1648 con quello dell’anno 1669; i dati di questi due anni sono pressoché sovrapponibili per ogni borgata Cilentana e delle altre regioni limitrofe. Alcuni centri scomparvero, la maggioranza subì perdite umane così elevate che solo dopo 100 anni furono recuperate.

Il terremoto della Val d’Agri del 16 dicembre 1857

Un terremoto devastò la Basilicata, in particolar modo la Val d’Agri, il 16 dicembre 1857, provocando diverse migliaia di vittime: solo a Montemurro, il centro più colpito dal sisma (venne completamente raso al suolo), i morti furono tra i 4000 e i 5000, su una popolazione totale di circa 7500 persone.[2] Né miglior sorte toccò a tutti gli altri comuni colpiti dove, a fronte di un ben più esiguo numero di vittime, vennero comunque cancellate tutte le testimonianze monumentali del passato: a Sarconi,con 2000 morti, ad esempio, fu completamente raso al suolo l’antico castello. Secondo i dati ufficiali pubblicati in una relazione del Ministero dell’Interno, solo in Basilicata morirono 9257 persone, su un totale di circa 11000 vittime (dati non ufficiali parlano di circa 19000 morti). Sempre nella sola Basilicata, vi furono invece 1359 feriti.

Montemurro dopo il terremoto del 1857

Il sisma, con epicentro proprio Montemurro e con una magnitudo di 7,0 Mw[3] e con un’intensità pari all’XI° grado Mercalli, fu avvertito fino a Terracina e si scatenò con due intense scosse a distanza di pochi secondi l’una dall’altra, alle ore 22:15.

A suo tempo venne considerato come il terzo terremoto più grande e più dannoso storicamente osservato in Europa (il primo in Italia), e dopo le prime notizie ricevute in Inghilterra si decise l’invio di una spedizione scientifica da parte della Royal Society of London allo scopo di studiare gli effetti del terremoto e migliorare lo stato delle conoscenze di sismologia. La spedizione fu guidata dall’ingegnere irlandese Robert Mallet, il quale si dedicava anche all’attività di sismologo.

Esistono inoltre fotografie delle rovine dei comuni maggiormente colpiti dal sisma, opera di Alphonse Bernoud, fotografo della corte dei Borbone e successivamente di Casa Savoia.

Di questa grave calamità e della triste sorte toccata a Montemurro e agli altri comuni colpiti si occupò anche il romanziere inglese Charles Dickens.

Dalla nostra indagine risulta che il santo patrono di Montemurro sia San Rocco.

Il culto di San Rocco a Tolve

San Rocco di Tolve

In Lucania, percorrendo l’antica via della transumanza che attraverso l’area del potentino collega la valle del Bradano con la Puglia, si incontra uno dei più interessanti luoghi dedicati ancora oggi alla devozione di San Rocco: Tolve, che lo festeggia ogni anno per ben due volte: il 16 agosto ed il 16 settembre.Il culto di San Rocco a Tolve è relativamente giovane: fin quasi agli inizi del ‘700 il patrono della città era San Nicola di Bari, che appare raffigurato nell’abside e in un polittico del ‘500 nella Chiesa Madre.  Si narra che la statua lignea di San Rocco fu abbandonata nelle campagne di Tolve dalle truppe francesi in ritirata nel XVI secolo – leggenda coerente sia con l’origine francese del santo che con le guarigioni miracolose dalla peste che, nella realtà storica, venne diffusa proprio dalle truppe francesi.Il crescendo del culto rocchiano è confermato dai registri dell’Archivio Parrocchiale di Tolve, dai quali si rileva come fra la fine del ‘600 e inizio del ‘700 il nome Rocco diventi il più diffuso nell’area. Un fatto storico che potrebbe essere connesso all’infiammarsi della devozione a San Rocco è il terremoto del 1783, uno dei più disastrosi della storia lucana: l’istintivo ricorso alla intercessione della Madonna e di alcuni santi potrebbe essere in relazione con il restauro della statua del Santo e la creazione della prima struttura di accoglienza per i pellegrini che verrà gestita, fino alla metà del ‘900, dalla Confraternita del Glorioso San Rocco di Tolve.La grande intensità del culto al Santo è confermata dal consistente patrimonio di ex voto custodito nella “Casa del Pellegrino”,  una struttura nei pressi della Chiesa Madre di San Nicola, dove viene offerta assistenza ai pellegrini. La raccolta di ex voto testimonia – attraverso immagini, tavolette dipinte, parole ed oggetti – molti aspetti della vita di questa zona e della pietas popolare dei suoi abitanti.

Nella duplice ricorrenza della festa, 16 agosto e 16 settembre, decine di migliaia di pellegrini da tutta la regione e dalle regioni vicine giungono a Tolve, come testimoniano le migliaia di ex voto conservati nella “Casa del Pellegrino”, sede dell’Associazione Amici del Pellegrino i cui locali si trovano ai piedi della scalinata del Santuario. In entrambe le occasioni, a mezzogiorno, si svolge una solenne processione per le vie del paese.

I Confratelli del Purgatorio

La statua di San Rocco è portata a spalla dai devoti per le vie cittadine in un solenne corteo che si apre con i Confratelli del Purgatorio in tunica bianca e mantellina rossa. Seguono i pellegrini scalzi, con i ceri delle varie compagnie di appartenenza, artisticamente disposti su basi di legno e raffiguranti chiese, campanili e altre strutture sacre. La vera folla dei pellegrini, di cui alcuni pure scalzi, è quella che segue la Statua e accompagna la processione con un canto tradizionale: La storij r’ Sand’ Rocc’, composto da cento versetti sulle traversie della vita umana e sulla gloria del Santo patrono. In occasione dell’evento festivo la statua è ricoperta da un manto d’oro realizzato componendo i numerosissimi ex voto donati al Santo per testimoniare il particolare legame di devozione e testimoniare le Sue virtù taumaturgiche. Scrive in proposito Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli:

” Il discorso cadde così sui santuari e sui santi, e sul San Rocco di Tolve, un Santo di cui io stesso ho potuto conoscere, per prove e favori personali, la particolare virtù. Tolve è un villaggio vicino a Potenza, e c’era stato in quei giorni un pellegrinaggio, come tutti gli anni, al principio di agosto. Uomini, donne e bambini vi concorrono da tutte le province circostanti, a piedi, o sugli asini camminando il giorno e la notte. San Rocco li aspetta, librato nell’aria, sopra la Chiesa. “Tolve è mia, e io la proteggo” dice San Rocco nella stampa popolare che lo rappresenta, vestito di marrone con la sua aureola d’oro, nel cielo azzurro del paese”.

Ex voto dedicati a San Rocco a Tolve

Il culto di San Rocco a Montescaglioso

Il culto di S. Rocco a Montescaglioso è attestato fin dal 1543 quando l’Arcivescovo di Matera e Acerenza Mons. Saraceno, nell’effettuare la Sacra Visita attesta la presenza nel paese di una chiesa, dedicata al Santo di Montpellier. Il culto si era radicato a Montescaglioso, come in tutta la Basilicata, per la capacità riconosciuta al Santo di proteggere dalla peste e dai terremoti. Rocco, già invocato nel Concilio di Costanza del 1414 a protezione dalla peste comparsa in città, sarà riconosciuto come Santo solo nel 1589 ma a Montescaglioso la chiesa dedicata al Santo e quindi il culto, risulta esistente già prima di questa data.

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Il culto è significativo per il profondo radicamento popolare che ha pochi eguali in tutta Europa. Il veicolo principale della sua diffusione, è da cercare probabilmente nella appartenenza del Santo al Terzo Ordine Francescano che annovera S. Rocco, insieme a S. Corrado Confalonieri, S. Elisabetta d’Ungheria e S. Luigi dei Francesi, tra i patroni dell’Ordine. I Francescani, soprattutto nel Meridione d’Italia, diffondono ovunque il culto di S. Rocco la cui vita ed opere ben rappresentano anche le finalità del francescanesimo. Nel Regno delle Due Sicilie il culto di S. Rocco conoscerà un particolare impulso grazie alla devozione della casa regnante i Borbone verso il Santo. Infatti la gran parte degli eventi miracolosi attribuiti al Santo e tramandati nelle fonti più antiche si svolge nelle terre tra Parma e Piacenza, ovvero il Ducato d’origine della monarchia napoletana. A Montescaglioso il culto di S. Rocco, già attestato nel secolo XVI, conoscerà un nuovo sviluppo nel seicento quando una nuova ondata epidemica di peste flagellerà la Basilicata e la comunità dei Padri Cappuccini, insediata nel paese tra il 1595 ed il 1616, ne sosterrà la devozione. Nel 1684, su richiesta dell’Università di Montescaglioso, ovvero del Comune, l’Arcivescovo di Matera proclama S. Rocco patrono del paese. Nel corso dei decenni successivi il radicamento popolare del culto determina una sorta di progressivo “ oscuramento “ dei patronati più antichi del paese, ovvero i SS. Pietro e Paolo la Madonna Assunta collegati alla dedicazione della Chiesa Madre e di S. Michele Arcangelo connesso alla presenza della omonima comunità benedettina. Di tali tradizioni risalenti al medioevo sopravvive ancora oggi il culto della Assunta, compatrona di Montescaglioso, la cui ricorrenza ricade il l5 Agosto, cioè il giorno precedente la festività di S. Rocco. Traslata al giorno 20 la festività del Santo Patrono, anche quella della Madonna è stata spostata al 19 Agosto. La organizzazione della festa così come il paese la vive oggi, si codifica nella prima metà del secolo XIX.

Il comitato organizzatore, nell’antichità, esprimeva una rigida suddivisione tra le categorie più rappresentative della popolazione sotto il controllo, divenuto sempre più importante dell’autorità ecclesiastica finalizzata a evitare derive troppo mondane. Il percorso della processione nella parte iniziale evidenzia un circuito anticamente contenuto nella città storica delimitata dalle mura medievali in parte rimosse solo dopo l’unità d’Italia. Solo sul finire dell’ottocento la processione deborda oltre la città antica seguendo ovviamente le nuove principali strade formate dallo sviluppo edilizio del paese. La processione del carro trionfale, invece, conserva uno stretto legame con il convento dei Padri Cappuccini a dimostrazione del rapporto tra francescanesimo e diffusione del culto nel Meridione. Secondo tradizione, infatti, la statua del Santo è condotta nella chiesa del convento ove si svolgeranno funzioni e riti e il giorno 20 sarà issata sul carro trionfale custodito nella vicina ex chiesa della S. Croce.

Le feste patronali dedicate a San Rocco in Basilicata

Baragiano (PZ). Festa il 15 e il 16 Agosto, attestata fin dal 1573. Grande ritorno di emigranti e flusso dai paesi vicini. Processioni con le caratteristiche “ cente “ di grano o di ceri. A Baragiano il culto di San Rocco si sviluppò dopo essere stata colpita  dalla peste del 1556-57.

Cappella di San Rocco a Baragiano
Cappella di San Rocco a Baragiano

Campomaggiore (PZ). Festa il 17 Agosto. Il 24 Agosto, fiera.

Castelmezzano (PZ). Festa il 19 Agosto. E’ usanza la notte del 15 Agosto effettuare il pellegrinaggio a piedi verso il S. Rocco di Tolve. La statua è custodita nella chiesa di S. Maria dell’Olmo ove si conserva un pregevole polittico dedicato al Santo che agli inizi dell’ottocento salva il paese, colpevole di aver dato rifugio a briganti, dalla rappresaglia di truppe francesi. Il comandante del reparto alla vista dell’immagine del Santo nato nella sua stessa città, decide di risparmiare il paese.

Ferrandina (MT). Festa, 15 e 16 Agosto. presenza dei migliori concerti bandistici del Meridione.

San Rocco di Ferrandina
San Rocco di Ferrandina

Grottole (MT). Festa, 15 e 16 Agosto. In mattinata trasferimento della statua nella chiesa madre e in serata processione conclusiva.

Montemurro (PZ). Patronato risalente alla fine del sec. XVII determinato dalla invocazione per la protezione dalla peste. Festa, 16 Agosto.

Montescaglioso (MT). Patronato risalente al 1684 ma la chiesa del Santo è già attestata nel 1543. Il 31 Luglio asta per il tiro dl carro trionfale. Il 16, festa dell’emigrante e i l17, fiera. Festa patronale il 20 agosto con processione in mattinata lungo le vie del paese. In serata tiro del carro trionfale in cartapesta, anticamente preceduta dalla cavalcata del clero.

Pisticci (MT). Festa, 16 Agosto. Processione a piedi e tiro del carro trionfale preceduto dai  “ Cavalieri di S. Rocco “. Il carro trionfale del Santo sarebbe opera dell’artista di Montescaglioso, Luigi Morano. Notevole statua completamente coperta da una sottile lamina dorata.

San Rocco di Pisticci
San Rocco di Pisticci

Roccanova (PZ). Festa, 16 Agosto e 16 Novembre. In occasione delle festività, realizzazione della fiera. La festa si celebra in agosto dal 1783 mentre dal 1906 è stata introdotta anche la data del 16 Novembre. La statua è preceduta da donne a piedi nudi con in testa i tradizionali doni per il Santo. A fine processione, lancio di mongolfiere secondo un’usanza introdotta all’inizio del novecento.

Ruoti (PZ). Festa, 16 Agosto  prima domenica di Settembre. Statua custodita nella chiesa omonima in contrada Spinosa. E’ trasportata nella chiesa madre a dove è ricondotta dove resta fino alla prima domenica di Settembre.

Ruvo del Monte (PZ). Festa, 16 Agosto.

San Chirico Nuovo (PZ). Festa, 22 Agosto.

San Paolo Albanese (PZ). Vi si svolgono due feste dedicate al Santo. La prima l’ultima domenica di Aprile, contornata da tarantelle e da un’asta dei doni offerti dai fedeli. La secondo si svolge il 16 Agosto: una processione la mattina con il trasporto della “ himunea “ un trono votivo coperto di spighe di grano. A fine messa la celebre “ danza del falcetto “ nel quale i mietitori mimano i gesti per il taglio del grano.  Nel pomeriggio, tarantella ed asta dei doni. Per vari studiosi la danza del falcetto, in rapporto alla fine della mietitura, costituisce un elemento rituale antichissimo trasferito nel paese con gli albanesi nel secolo XV  confrontabile con le “ Talisie “ ovvero le festi delle messi consacrate alla dea Demetra. Altra componente importante della festa è il  “ nuzazit “: l’incendio di pupazzi in cartapesta imbottiti di mortaretti, rappresentanti figure in costume albanese dediti a vari mestieri e un diavolo bifronte. Questo aspetto della festa sarebbe stato introdotto nel primo dopoguerra da emigranti di ritorno dall’America centromeridionale. Tutti i riti religiosi della festa si svolgono in rito greco-bizantino.

Sasso di Castaldo (PZ). Festa, 6 Maggio e 16 Agosto.

Satriano di Lucania (PZ). Festa, 10 Agosto.

Savoia di Lucania (PZ). Festa, 16 Agosto.

Senise (PZ). Festa, 14-16 Agosto.

Tolve (PZ). E’ il S. Rocco più noto della Basilicata. La statua è ospitata nella chiesa parrocchiale dedicata a S. Nicola tappezzata da un incredibile numero di ex voto attaccati su mura e volte. La statua di Tolve è nota anche come il S. Rocco nero, per il colore scuro del volto del Santo, dovuto, secondo la tradizione locale a danni da incendi. La festa si svolge il 16 Agosto ma si ripete anche il 16 Settembre. La seconda data nell’antichità era dedicata ai contadini, massari e braccianti, che a causa dell’impegno nella mietitura tardiva nelle montagne circostanti, per tutto il mese di Agosto, erano impegnati nelle campagne. La chiesa di S. Rocco a Tolve è un vero e proprio santuario sul quale convergono a piedi una grande moltitudine di pellegrini provenienti dai paesi vicini. Molti giungono con le caratteristiche “ cente “di ceri portate a spalla o in testa che lasciano per devozione al Santo.

Venosa (PZ). Festa, 16 -18 Agosto. Processione a partire dalla chiesa omonima presso il Parco Archeologico. Il patronato risalirebbe al 1501 quando il Santo salva la città dalla peste.

Antonio De Lisa

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